E’ un po’ cambiato il modo di andare in due in moto.
Ma perché sono cambiate le moto.
Certo, ma le moto sono state cambiate solo per esplorare nuove forme, o per rispondere a domande inespresse?
Forse le forme inespresse sono lì pronte a soddisfare domande inespresse?
Questa simultaneità mi stupisce (positivamente) sempre. La moda e l’abbigliamento mi sembra ne siano la massima rappresentazione.
Quando esce una moda appare in contemporanea sia una rappresentazione del corpo (in specialissimo modo delle donne) sia la sua possibilità di sostanziarsi nella realtà. Se si accorciano le gonne, le gambe sono pronte, se si scoprono le pance le suddette sono pronte, se si alzano i glutei altrochè, belle brutte alte grasse basse e magre, c’è corrispondenza amorosa tra l’oggetto ed il soggetto. Con ovvi svariati livelli di rappresentazione, sublimi o ridicoli, ma tant’è si sta sempre pronti….
Per le moto com’è andata? Abbracciati negli anni 50 e romantici (ma la rarità ed il foulard facevano più della metà della rappresentazione) adesso si è passati a specializzazioni radicali.
Sullo scooterone c’è questa storia dell’altezza: il passeggero sta praticamente ad un ammezzato. E deve prendere quest’aria altera da “come mai questa poltrona si muove?” Quest’aria di scafatezza ha preso un po’ tutti, occorre dimostrare che non c’è nessun problema o tensione o difficoltà dovuto a te stesso, è solo la presenza dell’altro che ostacola il tuo regale avanzare. Così anche i vespisti non sono più romanticamente in difficoltà, l’altro giorno al mare la passeggera di una Vespa in difficoltà a sfrecciare nel traffico rispetto agli adrenalici scooter, si è accesa la sigaretta a dimostrazione che andavano piano per fumare. Snobbissima.
Le moto da strada non ne parliamo, il passeggero (coraggiosissimo) è un accessorio del pilota, uno zainetto. Anche qui all’ammezzato superiore, e deve essere di taglia piccola un po’ come per i cani da salotto. Se è un po’ massiccia i pantaloni a vita bassa tradiscono un perizoma perennemente sotto tensione.
Ci sono poi quelli che non è possibile parlare di moda: sidecar, goldwing vari e harleysti...loro sono eterni.
Per le altre tipologie tradisce la specializzazione del vestiario. Più sei specializzato e più ti fa un po’ strano abbracciare una tuta in kevlar con in testa un casco in fibra di carbonio, è come abbracciare un androide di Star Wars. Così stai professionalmente con le mani sulle apposite maniglie.
Abbracciati in moto non si sta più tanto, così a me sembra con gli occhi ormai un po’ da vecchietto sorpassato invidioso della gioventù e delle moto degli altri e irrimediabilmente marchiato dall’essere andato in moto in camicia e senza casco.
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sabato 9 ottobre 2010
venerdì 11 giugno 2010
mercoledì 9 giugno 2010
L'ITALIA E' IN MOTO
I tour delle tre capitali
Domani partiamo per il tour che parte da Torino arriva a Roma passando da Firenze. Percorremo con un anno di anticipo rispetto alle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia le strade turistiche, probabilmente più belle del mondo. Leggi tutto...
Domani partiamo per il tour che parte da Torino arriva a Roma passando da Firenze. Percorremo con un anno di anticipo rispetto alle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia le strade turistiche, probabilmente più belle del mondo. Leggi tutto...
domenica 25 aprile 2010
Villar Perosa



Oggi 25 aprile salgo su per fare il Colle delle Finestre, che però apre da inizio giugno. Mi fermo quindi a Pracatinat con ancora un po’ di neve sporchina tra il giallo e l’arancione degli edifici Nasi ed Agnelli nati sanatorio ed ora Laboratorio sull’Ambiente della Provincia di Torino per i ragazzini delle medie.
Salgo che saranno le nove e mezza di mattina e non c’è nessuno tra me e la strada che ho davanti, la nuova strada che la toponomastica adesso può chiamare Olimpica, con gallerie e guard-rail moderni.
Al ritorno evito la variante moderna e ripasso dentro ai paesi tagliati fuori dalle nuove tangenziali Pinasca e Villar Perosa, che mi accoglie alla domenica mattina con l’odore di olio lubrificante per macchine utensili nell’aria.
La giornata è di festa e davanti alla sede storica ed ora museo della SKF c’è gente: la banda del paese, i carabinieri e gli alpini.
Davanti allo stabilimento dove c’è la lapide.
Al richiamo della tromba i vigili e le vigilesse di Villar alzano i gonfaloni e la banda inizia l’inno nazionale, una strofetta e via. Si girano tutti sui tacchi guardano il monumento degli alpini ed attaccano un’altra strofetta, della canzone del Piave.
Trovo tutto questo italianissimo e federalissimo insieme.
Dal loro piccolissimo mausoleo, nel camposanto di Villar, tutti i membri della famiglia Agnelli che ci hanno già lasciati, guardano dall’alto il villaggio operaio (se così si può ancora dire) ed il tetto a losanghe della fabbrica (se così si può ancora dire).
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giovedì 25 marzo 2010
Quando il preparatore fa la differenza
Certo che le Guzzi di Ghezzi....
http://www.ghezzi-brian.com/_italian/models_furia.htm
Bisognerebbe fargli rivestire la Stelvio
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http://www.ghezzi-brian.com/_italian/models_furia.htm
Bisognerebbe fargli rivestire la Stelvio
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sabato 20 marzo 2010
45 parallelo

Quando si dice non vedere le cose.
Quando si dice non vedere le cose. Come un bosone nell’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra, per fare un esempio (che in questo caso hanno trovato un buco nero si ma di finanziamenti). Come cercare su Google Maps applicazione Street Wiew, e ti sembra di vedere Pompei dopo l’eruzione vulcanica, tutti lì fermi ed impacciati come manichini come una necrosi digitale (che in questo caso cerco sempre vie che la macchinetta di Google non è passata di lì).
Ecco comunque il 45 parallelo non si vede, non c’è la linea gialla per terra che faccia tutto il giro. Invenzione umana o reale limite? La linea evidenzia l’eguale distanza tra poli ed equatore, sopra di 5000 chilometri c’è la cima della terra, sotto di eguale distanza c’è la panciona della terra. Sembra una cosa importante. Un punto di equilibrio, che ovviamente non può non coinvolgere la nostra Bella Italia, appesa come un bel calzino al sole sul 45 parallelo.
Viaggio come un moscone sulla mia motoretta, inconsapevole di passare ripetutamente di stato sociale, ad ogni accelerata che attraversi la linea fatale. Sono del nord ricco e solidale, pochi metri dopo sono del sud malinconico e fatale.
Si potesse percorrere in linea retta in perfetto equilibrio italico tutto il parallelo con una bandiera bifronte che da una parte dica “viva il Nord” e dall’altra dica “viva il Sud”, e poi tutti allineati in un enorme girotondo a fare più bello questo mondo.
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sabato 13 marzo 2010
Varigotti
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Andando verso il mare ho mille canzoni in testa, tutte sul mare: e voglio andare al mare ed il sapore del sale, e vamos a la playa, e per noi che veniam dalla campagna.
Canto da sotto il casco e se mai mai avessi l’interfono lo staccherei per poter stonare a tutta voce e fare le rime stupidine.
Come non resisto a fare il verso alle persone che vedo al bordo della strada, o ai vecchietti, che fra un po’ sarà io, sulle Panda 30 che arrivano dalle strade vicinali intorno a Carignano, che non sai se sono stati con le nigeriane di prima mattina oppure se sono andati a raccogliere l’erba per i conigli (e questa cari miei è una stupidata: nessun vecchietto va a prendere l’erba per i conigli di prima mattina perché la rugiada bagna l’erba ed ai conigli mangiare l’erba bagnata va venire lo stomaco gonfio, quindi…….)
La strada dritta da Carignano a Mondovì si risolve così.
A Mondovì Breo prendo un caffè nella piazza del mercato.
E’ bello l’arredamento ma inizia ad esserci un qualcosa di scostante nella tipicità dei posti tipici: non c’è più la gente che deve esserci. Questo prova che l’arredamento resiste più a lungo delle persone e ciò la dice lunga sulla nostra prosopea di lasciare un segno nella vita.
Senza rancore: ma la cameriera rumena che valore aggiunge alla strada che mi porta al Santuario di Vicoforte? E non troverò nessun Nonno Nanni i cui stracchini volano sulle strade che portano a Pamparato.
Dove sarò diverso da seduto a vedere un film 3D, da visitare le strade con Google Street View, da sentire musica in home theatre mentre consulto il navigatore satellitare: a Garessio dove sbagliando strada, prenderò la SS 28 del Col di Nava e la mia vita prenderà una piega migliore (almeno per la giornata).
Varigotti mi sorprende come una cosa dimenticata lì, che ritrovi dopo tanto tempo. Un piccolo dejià vu.
Di solito stai così poco tempo nei posti che non ti ricordi poi niente, ma se stai in un posto che ti sembra di esserci sempre stato, sei a posto nel tuo posto, come una prenotazione.
Ed hai fregato i viaggiatori di professione, o gli avventurieri Lonely Planet tutto non compreso. Ma anche quelli di Gardaland o San Marino (che è il posto di tutti i non luoghi del mondo)
Hai viaggiato per trovare senso, non per togliere la nausea.
E trovo che lascio spazio a nessun pensiero sulla spiaggia di Varigotti, solo la coppia gay l’acqua chiara e trasparente ed un gruppo di professionisti (notai, avvocati?) che chiacchera galleggiando.
Le pietre sono minutissime, il sole alto, mangio un piatto completo di frutta tagliata intera.
Questo mare che regge con un arco di montagne la terraferma è più grande di tutte le canzoni che si possono cantare.
E mi accorgo che tutto questo viaggiare e pensare e raccontare ha senso solo perché a casa c’è qualcuno che mi aspetta. E viaggi e torni e riparti e ritorni solo per loro.
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giovedì 18 febbraio 2010
Col de la Bonette.
Ormai siamo tutti vestiti in maniera specializzata, anche gli operatori ecologici con le loro motorette elettriche versano il tributo alla specializzazione con la scopa in plastica anziché in saggina, ed hanno l’mp3 nelle orecchie (l’azienda municipalizzata darà loro una compilation apposita?)
Io tendo alla parte bassa della fascia delle categorie specialistiche, sono così poco attrezzato da venir confuso con “uno qualunque”, la situazione più svergognata della scala sociale.
In più non manutengo la moto, e me ne vergogno. Sono sicuramente fuori al protocollo di Kyoto ed ho l’olio che nemmeno più le patatine di Mac Donald vogliono per la loro frittura.
Parto così quindi, spensierato e quasi completamente innocuo al mondo che mi circonda (escludendo l’incremento di CO2) per il colle più alto raggiungibile su strada asfaltata dell’Europa Continentale. Quindi dico, mica bruscolini: è un posto che anche gli extraterrestri tendono a riconoscere come località turistica, stiamo parlando del Vecchio Continente, non posti sconosciuti ed impronunciabili che anche Maps di Google si rifiuta di farti vedere.
La strada che da Torino porta verso Cuneo è come gli antipasti di un menù piemontese: tanti, abbondanti, creativi, come frattali del pranzo stesso e contengono già tutte le future portate a pezzi più piccoli.
E’ come se se prima assaggi, per imparare, delle piccole porzioni, che piano piano si ingrandiscono sempre di più, sino ad arrivare a delle vere e proprie accademie del gusto, a politecnici del vino.
Passo ai piedi della pedemontana tra tipicissime piantagioni di kiwi e la cartiera di Verzuolo, che risulta al resa dei conti la cosa più intrigante dei dintorni.
Faccio anche Dronero, Caraglio e Cervasca prima di arrivare a quella penisola tra due fiumi che è Cuneo.
Una Kawasaki ER500 mi segue sulla salita che fiancheggia Sant’Anna sul colle della Lombarda ci salutiamo, lui è più sicuro di me, capello lungo brizzolato da divorziato, tuta in pelle estiva da “la moto non era il mio primo amore ma leggendo le riviste ed i blog ho capito con precisione il mio target e non lascio mai il foulard Kawasaki”.
Dalla Lombarda sino al ritorno circolare a Demonte passando dal colle della Maddalena ci teniamo compagnia, come in “Ultimo Tango a Parigi” non ricordo il suo nome ma è stata una piacevole compagnia, specialmente per la fermata baguette, prosciutto e formaggio innaffiata da birra e gazzosa consumati in una brasserie prima della Maddalena.
Comunque, per dire, alla Bonette c’è l’Unione Europea dei motociclisti ma più di tutto dei ciclisti. Frutto del genio militare di qualche francese nobile il Colle è più di tutto uno sfizio, una trappola in cui cadiamo tutti. Foto ricordo e via di ritorno in Polonia a far vedere agli amici alla sera a Cracovia che sei stato in bici lì, al Col della Bonette, omaggio alla grandeur a due metri due della nostra italietta.
Al ritorno tante curve creano la sintesi del motociclismo: perennemente in bilico, testardamente in equilibrio. Ho leggiadramente buggerato la morte sia perché sono tornato a casa, sia perché l’ho scritto ed adesso rimarrà qui per sempre.
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Io tendo alla parte bassa della fascia delle categorie specialistiche, sono così poco attrezzato da venir confuso con “uno qualunque”, la situazione più svergognata della scala sociale.
In più non manutengo la moto, e me ne vergogno. Sono sicuramente fuori al protocollo di Kyoto ed ho l’olio che nemmeno più le patatine di Mac Donald vogliono per la loro frittura.
Parto così quindi, spensierato e quasi completamente innocuo al mondo che mi circonda (escludendo l’incremento di CO2) per il colle più alto raggiungibile su strada asfaltata dell’Europa Continentale. Quindi dico, mica bruscolini: è un posto che anche gli extraterrestri tendono a riconoscere come località turistica, stiamo parlando del Vecchio Continente, non posti sconosciuti ed impronunciabili che anche Maps di Google si rifiuta di farti vedere.
La strada che da Torino porta verso Cuneo è come gli antipasti di un menù piemontese: tanti, abbondanti, creativi, come frattali del pranzo stesso e contengono già tutte le future portate a pezzi più piccoli.
E’ come se se prima assaggi, per imparare, delle piccole porzioni, che piano piano si ingrandiscono sempre di più, sino ad arrivare a delle vere e proprie accademie del gusto, a politecnici del vino.
Passo ai piedi della pedemontana tra tipicissime piantagioni di kiwi e la cartiera di Verzuolo, che risulta al resa dei conti la cosa più intrigante dei dintorni.
Faccio anche Dronero, Caraglio e Cervasca prima di arrivare a quella penisola tra due fiumi che è Cuneo.
Una Kawasaki ER500 mi segue sulla salita che fiancheggia Sant’Anna sul colle della Lombarda ci salutiamo, lui è più sicuro di me, capello lungo brizzolato da divorziato, tuta in pelle estiva da “la moto non era il mio primo amore ma leggendo le riviste ed i blog ho capito con precisione il mio target e non lascio mai il foulard Kawasaki”.
Dalla Lombarda sino al ritorno circolare a Demonte passando dal colle della Maddalena ci teniamo compagnia, come in “Ultimo Tango a Parigi” non ricordo il suo nome ma è stata una piacevole compagnia, specialmente per la fermata baguette, prosciutto e formaggio innaffiata da birra e gazzosa consumati in una brasserie prima della Maddalena.
Comunque, per dire, alla Bonette c’è l’Unione Europea dei motociclisti ma più di tutto dei ciclisti. Frutto del genio militare di qualche francese nobile il Colle è più di tutto uno sfizio, una trappola in cui cadiamo tutti. Foto ricordo e via di ritorno in Polonia a far vedere agli amici alla sera a Cracovia che sei stato in bici lì, al Col della Bonette, omaggio alla grandeur a due metri due della nostra italietta.
Al ritorno tante curve creano la sintesi del motociclismo: perennemente in bilico, testardamente in equilibrio. Ho leggiadramente buggerato la morte sia perché sono tornato a casa, sia perché l’ho scritto ed adesso rimarrà qui per sempre.
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