Ormai siamo tutti vestiti in maniera specializzata, anche gli operatori ecologici con le loro motorette elettriche versano il tributo alla specializzazione con la scopa in plastica anziché in saggina, ed hanno l’mp3 nelle orecchie (l’azienda municipalizzata darà loro una compilation apposita?)
Io tendo alla parte bassa della fascia delle categorie specialistiche, sono così poco attrezzato da venir confuso con “uno qualunque”, la situazione più svergognata della scala sociale.
In più non manutengo la moto, e me ne vergogno. Sono sicuramente fuori al protocollo di Kyoto ed ho l’olio che nemmeno più le patatine di Mac Donald vogliono per la loro frittura.
Parto così quindi, spensierato e quasi completamente innocuo al mondo che mi circonda (escludendo l’incremento di CO2) per il colle più alto raggiungibile su strada asfaltata dell’Europa Continentale. Quindi dico, mica bruscolini: è un posto che anche gli extraterrestri tendono a riconoscere come località turistica, stiamo parlando del Vecchio Continente, non posti sconosciuti ed impronunciabili che anche Maps di Google si rifiuta di farti vedere.
La strada che da Torino porta verso Cuneo è come gli antipasti di un menù piemontese: tanti, abbondanti, creativi, come frattali del pranzo stesso e contengono già tutte le future portate a pezzi più piccoli.
E’ come se se prima assaggi, per imparare, delle piccole porzioni, che piano piano si ingrandiscono sempre di più, sino ad arrivare a delle vere e proprie accademie del gusto, a politecnici del vino.
Passo ai piedi della pedemontana tra tipicissime piantagioni di kiwi e la cartiera di Verzuolo, che risulta al resa dei conti la cosa più intrigante dei dintorni.
Faccio anche Dronero, Caraglio e Cervasca prima di arrivare a quella penisola tra due fiumi che è Cuneo.
Una Kawasaki ER500 mi segue sulla salita che fiancheggia Sant’Anna sul colle della Lombarda ci salutiamo, lui è più sicuro di me, capello lungo brizzolato da divorziato, tuta in pelle estiva da “la moto non era il mio primo amore ma leggendo le riviste ed i blog ho capito con precisione il mio target e non lascio mai il foulard Kawasaki”.
Dalla Lombarda sino al ritorno circolare a Demonte passando dal colle della Maddalena ci teniamo compagnia, come in “Ultimo Tango a Parigi” non ricordo il suo nome ma è stata una piacevole compagnia, specialmente per la fermata baguette, prosciutto e formaggio innaffiata da birra e gazzosa consumati in una brasserie prima della Maddalena.
Comunque, per dire, alla Bonette c’è l’Unione Europea dei motociclisti ma più di tutto dei ciclisti. Frutto del genio militare di qualche francese nobile il Colle è più di tutto uno sfizio, una trappola in cui cadiamo tutti. Foto ricordo e via di ritorno in Polonia a far vedere agli amici alla sera a Cracovia che sei stato in bici lì, al Col della Bonette, omaggio alla grandeur a due metri due della nostra italietta.
Al ritorno tante curve creano la sintesi del motociclismo: perennemente in bilico, testardamente in equilibrio. Ho leggiadramente buggerato la morte sia perché sono tornato a casa, sia perché l’ho scritto ed adesso rimarrà qui per sempre.
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giovedì 18 febbraio 2010
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